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Donazione di sangue, gli adolescenti si tirano indietro per paura dell’ago

di Maurizio Tucci

I risultati dall’osservatorio AVIS – Laboratorio Adolescenza su un campione di studenti fra i 13 e i 19 anni. Oltre alla «belenofobia», i giovani temono anche la vista del sangue. E un 10% si dice comunque non interessato

Getty Images

Secondo i dati Centro nazionale sangue, nel 2022 i donatori di sangue in Italia – sono stati 1.660.227, in crescita dello 0,4% rispetto all’anno precedente. Con 2.497.773 unità di globuli rossi raccolti, l’Italia si conferma quindi autosufficiente nella raccolta di sangue , mentre rimaniamo ancora distanti dal raggiungimento dell’autosufficienza sulla raccolta di plasma (la parte liquida del sangue), fondamentale per la produzione di farmaci salvavita come albumina e immunoglobuline, per cui dobbiamo importare dall’estero circa il 25% delle scorte di questo tipo di medicinali.

La popolazione dei donatori invecchia

Se il quadro generale è complessivamente positivo (si sta anche recuperando la comprensibile flessione registrata durante gli anni del Covid), analizzando in profondità i dati quello che preoccupa è il progressivo invecchiamento della popolazione dei donatori, a cui non sembra corrispondere un adeguato ricambio generazionale. Complessivamente i donatori tra 18 e i 45 anni hanno fatto registrare un calo del 2% in un anno e la fascia dai 18 ai 45 anni è passata da 1.089.510 donatori del 2012 (63% del totale) a 866.112 del 2021 (52% del totale); sempre in questa fascia di età, negli ultimi 10 anni i nuovi donatori sono diminuiti del 24%.

Ma c’è di più: ciò che appare in calo è anche la propensione dei giovanissimi a diventare, all’età consentita (18 anni), donatori di sangue. Il dato emerge dall’osservatorio che AVIS e Laboratorio Adolescenza portano avanti da oltre dieci anni (su un campione nazionale rappresentativo di studenti della fascia d’età 13-19 anni) proprio con l’obiettivo di tastare il polso dei donatori prossimi venturi. Fino alla pandemia , la percentuale di chi si diceva intenzionato a diventare donatore (certamente o probabilmente) si era mantenuta stabile e intorno al 50% (con un 10% di certamente contrari e un 40% che affermava di non avere ancora preso in considerazione la cosa). Dal Covid in poi le cose sono cambiate.

Nel 2021 si era registrato un primo calo dei donatori in pectore di circa il 7% ma, soprattutto, i recentissimi dati dell’edizione 2023 dell’indagine registrano un ulteriore calo significativo, portando i potenziali donatori al 38%. Calo determinato in particolare da una forte flessione dei più grandi d’età che nell’immediato post-pandemia avevano tutto sommato «tenuto». E, se la percentuale di chi afferma di «non averci ancora pensato» resta complessivamente simile al passato, balzano al 31,4% i «certamente no».

Le ragioni

Quali sono le motivazioni? Se i contrari perché «non interessati alla cosa» sono un ragionevole e fisiologico 10%, il 21% indica come motivo del “no” la paura dell’ago (belenofobia) e della vista del sangue. Con tutta la comprensione per un’adolescenza che appare sempre più fragile sotto tutti i punti di vista (basta una verifica a scuola andata male per gettarli nel panico), la «scusa» della paura dell’ago lascia comunque perplessi. Anche considerando che siamo di fronte ad una generazione di adolescenti mai così tatuati e «piercingati» come l’attuale, che volentieri si sottopongono – per look – al «supplizio» dell’ago.

Loredana Petrone, psicologa e psicoterapeuta dell’Università di Chieti, spiega: «Purtroppo i giovani (ma non solo i giovani) dimostrano sempre meno empatia verso il prossimo. Concentrati su sé stessi, riescono poco e male ad immedesimarsi nella situazione di un’altra persona e tanto meno della collettività. Il modello di società che abbiamo creato non aiuta certo a generare sentimenti di generosità e solidarietà, ma una fetta di responsabilità viene anche dall’aver trasferito sempre di più le relazioni sul web, dove “l’altro da sé” è percepito a proprio uso e consumo».

Differenze geografiche e campagna di sensibilizzazione

E a proposito di empatia, forse sarà solo un cliché del “cuore in mano”, ma è interessante osservare che, s ia pure nel calo generalizzato, le ragazze e gli adolescenti del Sud (maschi e femmine) sono nettamente i più disponibili alla donazione di sangue. Per cercare di invertire questa tendenza, AVIS ha da poco lanciato una nuova campagna di comunicazione dal titolo «Mettiti in gioco, dona il sangue», come invito a vincere gli atteggiamenti passivi con un approccio costruttivo e socialmente utile, che si rivolge proprio ad un target molto giovane, compreso tra i 18 e 25 anni.

Ed è ottimista Giampietro Briola, presidente AVIS nazionale: «Dobbiamo riuscire ad agganciare i giovani fornendo loro una motivazione forte e convincente del perché è importante diventare donatori di sangue e del perché vale la pena superare i piccoli timori che possono avere nell’affrontare per la prima volta il prelievo. Sono sicuro che, se sapremo toccare le corde giuste, avremo nei giovani grandi e preziosi alleati».