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Le associazioni dei donatori denunciano: il decreto mette a rischio la raccolta sangue

Non pagando più i medici specializzandi addetti ai prelievi, metà dei centri per la raccolta andrebbe in crisi

L’appello di Fedez a donare il sangue, lanciato il mese scorso dal rapper appena avuta salva la vita grazie alle trasfusioni, non è caduto nel vuoto tra i donatori, ma deve aver trovato orecchie da mercante nel Governo che con un decreto rischia di far saltare la raccolta in almeno la metà dei Centri che si appoggiano per i prelievi ai giovani medici specializzandi. Questo perché- secondo associazioni dei donatori e addetti degli stessi Centri di raccolta – il decreto a firma dei ministeri di Economia, Salute e Università prevede che gli stessi specializzandi d’ora in avanti lavorino «a titolo gratuito e volontario».

Non più retribuiti, insomma come avvenuto fino ad oggi, il che lascia immaginare siano in molti a fare un passo indietro da qui a breve se i ministeri competenti non decideranno di tornare sui loro passi.

«Oppure se non chiariranno che questa forma volontaria non sostituisce le altre, che in base a convenzioni con Università, Centri di raccolta sangue e associazioni di volontariato si basano invece sulla retribuzione per la funzione svolta», spiega con un velo di preoccupazione il presidente dell’Avis Emilia Romagna, Maurizio Pirazzoli. Che si fa ancora più scettico quando aggiunge che «per autorizzare un’attività di volontariato non ci voleva di certo un decreto».

«In realtà nell’incontro con i Ministeri firmatari del decreto del 30 ottobre scorso, ma pubblicato in Gazzetta da poco, sono stati gli esponenti dell’Economia a chiarire che non si possono autorizzare le retribuzioni per ragioni di copertura economica», aggiunge un componente del Centro nazionale sangue che preferisce restaste anonimo.

«In molte regioni e in particolare Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna che si poggiano molto su queste convenzioni con i medici specializzandi, se questi se ne vanno a casa salta la raccolta sangue, creando gravi problemi soprattutto riguardo il plasma», denuncia l’avvocato Giovanni Musso, presidente dell’associazione donatori Fidas.

Se l’Italia, almeno fino all’approvazione di questo decreto ministeriale, ha confermato la sua autosufficienza in materia di sangue (inteso come globuli rossi) , con 42 unità ogni 1.000 abitanti, superiore alla soglia di sicurezza fissata a 40 unità, altrettanto non si può dire per il plasma, ossia la parte liquida del sangue, necessaria per la produzione di plasmaderivati adoperati in molte terapie salvavita. Nel 2022 si sono infatti raccolti circa 14,2 kg di plasma per ogni 1.000 abitanti, una quota inferiore a quella che porterebbe all’autosufficienza, che si attesta almeno sui 18 kg.

Questo ha costretto e costringerà l’Italia a ricorrere al mercato internazionale per acquisire medicinali plasmaderivati, non di rado indisponibili. Inoltre secondo le stime elaborate dal Centro Nazionale Sangue la spesa per l’acquisto all’estero si aggira sui 134 milioni per quel che riguarda le immunoglobuline e sui 46 milioni per l’albumina, per un totale di 180 milioni di euro.

Probabilmente più di quelli che si intende risparmiare non pagando più i medici specializzandi addetti alla raccolta, mettendola così a rischio.

 

Fonte : PAOLO RUSSO